Recensione Critica – Sergio Viscardi (Ser’Giotto)e le sue Opere d’ Arte esposte alla Mostra “I AM – A Deep Exploration of the Artist’s Essence”

Recensione Critica di Claudia Mantelli Sergio Viscardi – “I AM”_A Deep Exploration of the Artist’s Essence_

– L’innocenza che sfida la violenza
In un mondo segnato da conflitti sempre più crudi e devastanti, l’arte di Sergio Viscardi, noto
come Ser Giotto, emerge come un grido poetico di denuncia e speranza. Romano, street artist
autentico e profondo, Viscardi presenta in questa mostra tre opere straordinarie, cariche di un
messaggio tanto urgente quanto delicato: l’infanzia violata dalla guerra e la resistenza dei
bambini attraverso il gioco.
Le sue opere sono un inno all’innocenza che si rifiuta di arrendersi alla brutalità delle armi. In queste immagini, i bambini non sono vittime passive, ma protagonisti che rispondono con gesti ludici e quasi miracolosi a una realtà fatta di violenza e sopraffazione. Il contrasto tra la crudeltà della guerra – con particolare riferimento alla tragedia di Gaza, che l’artista denuncia
esplicitamente – e la forza vitale dei più piccoli crea una tensione emotiva che scuote e
commuove.
L’arte di Viscardi si colloca idealmente nel solco della street art più impegnata, ricordando per sensibilità e impatto figure come Banksy. Tuttavia, è importante sottolineare che Ser Giotto ha anticipato molte di queste tematiche sociali e ambientali, anticipando la protesta visiva con un linguaggio personale e potente.
La sua pittura diventa così una testimonianza visiva della necessità di resistere, di osservare con occhi nuovi, di riconoscere la pietà verso i più deboli, come nel potente richiamo
all’omonima opera che sottolinea la ferocia e l’assurdità della guerra.
Nel contesto milanese di “I AM – A Deep Exploration of the Artist’s Essence”, le opere di Sergio Viscardi risuonano come un monito imprescindibile: di fronte all’orrore, l’arte può e deve essere
un atto di ribellione, di amore e di memoria.
Claudia Mantelli

Recensione Critica -Mériadec Le Clainche e le sue Opere d’ Arte esposte alla Mostra “I AM – A Deep Exploration of the Artist’s Essence”

Mériadec Le Clainche – La Scultura Come Genesi del Ritorno
Nel panorama dell’arte contemporanea, dove il confine tra naturale e artificiale tende sempre più a sfumarsi, l’opera di Mériadec Le Clainche si staglia come un atto di rara intensità poetica e concettuale. Scultore e designer d’arte francese, bretone d’origine e di spirito, Le Clainche ci
sorprende e affascina con creazioni che sfidano le categorie e restituiscono alla materia un’anima nuova, vibrante e profondamente viva.
La sua produzione, esposta anche nella mostra internazionale “I AM– A Deep Exploration of the Artist’s Essence”, è un viaggio sensoriale e intellettuale attraverso la memoria dei materiali e la potenza rigenerante della natura. Le sue sculture non si limitano a occupare uno spazio fisico:
lo trasformano, lo interrogano e lo attraversano. Sono creature ibride, nate da acciaio, corallo,
cristalli, pietre e frammenti di aeroplani, che vivono nel punto esatto in cui l’uomo e il mondo
naturale si incontrano – o, meglio, si fondono in una danza silenziosa ma carica di tensione
vitale.
La cifra stilistica che Le Clainche definisce “oxydovégétalisation” è molto più di una tecnica: è
una vera e propria poetica, una filosofia estetica ed esistenziale. Attraverso l’ossidazione del
metallo e la successiva innervazione di elementi organici – fiori, corallo, cristalli – l’artista costruisce paesaggi scultorei in cui il degrado e la rinascita convivono, si toccano, si nutrono a vicenda. La ruggine, segno del tempo e della corrosione, diventa terreno fertile per la bellezza che rifiorisce. Il pezzo di aereo, scarto tecnologico e relitto industriale, si trasforma in corpo fertile, grembo inatteso di una nuova vita.
Straordinari sono i suoi pilastrini di acciaio, sinuosi, eretti, segnati dal tempo ma punteggiati da fiori metallici, frammenti di ametista, corallo scolpito con una pazienza quasi monastica. Ogni opera sembra raccontare una storia fatta di ferite e fioriture, di fragilità e resistenza, come se la
materia stessa si facesse carne, pelle, memoria. In altri lavori, più compatti ma non meno
potenti, l’acciaio abbraccia pietre preziose, elementi vegetali o animali, generando microcosmi perfettamente bilanciati tra l’industriale e l’organico, tra l’antico e il futuribile.
La manualità del forgiatore convive con l’immaginazione visionaria del designer, restituendo opere che non sono mai fredde o autoreferenziali, ma autenticamente vibranti, sempre in dialogo con chi le osserva. Ogni scultura è un’epifania, un varco temporale che unisce archeologia industriale e mitologia naturale. Le Clainche non si limita a creare oggetti: crea ponti, tessuti nervosi che uniscono il ferro all’essenza della vita. Nella sua arte, il gesto umano
non sovrasta, ma si lascia guidare dalle leggi misteriose della natura.
In questo, egli è artista nel senso più pieno e insieme artigiano del sacro: il sacro inteso come
ciò che merita rispetto, ascolto, contemplazione. Non sorprende che le sue opere trovino spazio
in contesti internazionali e gallerie di prestigio: il suo linguaggio è universale, la sua visione profondamente necessaria. In un tempo in cui la natura è spesso ridotta a vittima o a risorsa da sfruttare, Mériadec Le Clainche ce la restituisce come compagna e maestra, capace di redimere
anche ciò che l’uomo ha dimenticato o distrutto.
Le sue “sculture viventi” sono rituali di guarigione, incarnazioni di un pensiero che osa ancora credere nella bellezza come forza rigenerante. Non vi è nulla di decorativo o accessorio nella sua arte: tutto è essenziale, tutto parla. Il metallo ferito, il corallo pazientemente intarsiato, il
fiore che nasce dalla ruggine: ogni elemento è il frammento di un poema visivo che canta la
meraviglia della contaminazione, della metamorfosi, del ritorno alla vita.
Mériadec Le Clainche è, a pieno titolo, un genio della scultura contemporanea.Non solo per l’incredibile maestria tecnica o per la bellezza magnetica delle sue creazioni, ma per la profondità del suo sguardo,
capace di penetrare nel cuore della materia e trasformarla in visione.
In un mondo che tende alla distrazione e alla velocità,
le sue opere ci obbligano a fermarci, a guardare, a ricordare.
E, forse, a sperare.
Claudia Mantelli

Recensione Critica – Albino Pitti e le sue Opere d’Arte esposte alla Mostra “I AM – A Deep Exploration of the Artist’s Essence“

Albino Pitti – L’essenza della materia, la voce del silenzio
Nell’ambito della mostra “I AM – A Deep Exploration of the Artist’s Essence”, l’artista Albino Pitti si distingue per la capacità unica di trasmutare la materia in un linguaggio emotivo profondo, quasi spirituale. Le due opere esposte all’Ex Fornace di Milano non sono semplici quadri, ma autentici frammenti d’anima che parlano di tempo, memoria e presenza.La pittura di Pitti trascende il gesto tradizionale: ogni superficie è stratificata con cura, ogni segno è una traccia di una storia personale e universale. La sua arte si fa archeologia della memoria, dove la tela diventa corpo, pelle e respiro. Le abrasioni, le incisioni e le sovrapposizioni cromatiche invitano l’osservatore a immergersi in un tempo dilatato, lontano dalla narrazione lineare, dove l’intuizione e il silenzio diventano protagonisti.In queste opere, Albino Pitti non rappresenta semplicemente forme o paesaggi, ma evoca presenze invisibili, memorie sedimentate e pulsioni interiori. La sua pittura è meditativa, etica, una resistenza gentile al frastuono del mondo contemporaneo. Non cerca il clamore o la spettacolarità, ma la rivelazione di ciò che è nascosto, la presenza di ciò che sfugge.All’interno della mostra, le sue opere fungono da momenti di pausa e riflessione, offrendo allo spettatore un’esperienza di ascolto profondo e contemplativo. La loro forza risiede nella vulnerabilità, nel silenzio che riescono a imprimere nella materia, trasformandola in un linguaggio universale di emozione e memoria.Albino Pitti ci insegna che l’arte non è solo visione, ma ascolto, e che attraverso la pittura si può ancora esplorare ciò che siamo, ciò che resta e ciò che resiste nel tempo. Le sue opere non danno risposte facili, ma aprono spazi per l’introspezione, diventando così essenziali in un’epoca che spesso fugge dalla profondità.
Claudia Mantelli

Marco Papini Artist

Recensione Critica su Marco Papini e le sue Opere d’ Arte esposte alla Mostra “I AM – A Deep Exploration of the Artist’s Essence

La mostra “I AM – A Deep Exploration of the Artist’s Essence,” curata da Claudia Mantelli, è un’esperienza unica che trasporta il visitatore in un mondo interiore dove l’arte diventa mezzo di comunicazione profonda e riflessiva. Tra i protagonisti indiscussi di questa rassegna troviamo Marco Papini, il cui lavoro si distingue per un’intensa ricerca psicologica e stilistica, che sfida la prima impressione di pop art visiva per penetrare più a fondo nell’essenza dei suoi soggetti.
Le opere di Papini colpiscono subito per la loro vivacità cromatica, che potrebbe suggerire un legame con la Pop Art, ma questo è solo un aspetto superficiale. Se da un lato la scelta di colori saturi e audaci rispecchia una tradizione iconica, dall’altro l’artista trasforma il cromatismo in un
linguaggio che va oltre il puro decorativismo. Ogni figura dipinta è un’opera di introspezione che invita l’osservatore a entrare in contatto con le emozioni più nascoste dei personaggi
rappresentati.
Nel ritratto di Jim Morrison, “The Lizard King”, acrilico du tela (100×100 cm.), l’Artista non si limita a ritrarre la figura del leggendario cantante dei Doors, ma ne esplora l’anima,
tratteggiandone la profondità emotiva. Papini sceglie una posa rilassata per Morrison, la cui
postura sembra rimandare a un’idea di distacco, ma nello stesso tempo di vulnerabilità.
L’utilizzo di toni caldi come il rosso, il giallo e il verde crea un’atmosfera che evoca l’intensità emotiva di un uomo consumato dalla fama, ma anche dall’autodistruzione. L’artista ci racconta di come Morrison, pur essendo un’icona della musica, abbia vissuto una profonda frustrazione nel non poter esprimere la sua vera passione, la scrittura poetica, schiacciato dalle aspettative
di un brand che lo ha imprigionato. In questa tela, Morrison sembra una figura sciamanica, come se stesse cercando di trasmettere un messaggio che sfida il limite della sua stessa vita, una morte prematura che l’artista rende tangibile attraverso un’immagine vibrante e inquietante.
Accanto a Morrison, il secondo ritratto “ Nick Cave ”, acrilico su tela (80×80 cm.) l’ Artista si
pone una riflessione altrettanto complessa sul dolore e la rinascita. Papini affronta la sofferenza dell’artista con una divisione netta della tela, dove la parte sinistra esplora il tormento interiore di Cave attraverso toni scuri e inquietanti, mentre la destra si illumina di colori più vivaci, come a simboleggiare la trasformazione e il riscatto. Il contrasto tra il dolore e la liberazione diventa il cuore pulsante di quest’opera, in cui Papini non racconta solo la storia di Cave, ma trasmette
un’esperienza universale di lotta e rinascita. La tecnica con cui l’artista lavora la composizione è raffinata, mettendo in evidenza non solo la sua capacità di manipolare il colore, ma anche la sua
abilità nel raccontare storie che coinvolgono il pubblico a un livello emotivo profondo.
Le Opere di Marco Papini non si limitano alla mera rappresentazione dei suoi soggetti, ma si trasformano in veri e propri percorsi emozionali che l’artista costruisce per entrare nella mente e nel cuore dei suoi personaggi. Ogni dipinto diventa un atto di esplorazione interiore, dove l’arte diventa strumento di riflessione sul destino, sulla sofferenza e sulla potenza del riscatto.
L’Artista dimostra una straordinaria capacità di entrare in simbiosi con i suoi soggetti,
infondendo in ogni opera una profonda autenticità che emerge non solo dalla scelta dei colori,
ma anche dalla composizione e dalla tecnica.
Il lavoro di Papini è un dialogo continuo tra l’artista e il suo pubblico, un invito a guardare oltre la superficie, a percepire le emozioni e le storie nauscoste dietro ogni volto. Ogni sguardo dipinto diventa un ponte tra l’opera e lo spettatore, creando una connessione empatica che va oltre la mera osservazione. Il ritratto non è più solo un’immagine, ma un’esperienza, un processo che
sfida il pubblico a mettersi in relazione con l’artista e con il soggetto, come se fossimo tutti
protagonisti di una danza in cui l’arte stessa è il movimento che ci coinvolge.
In un mondo dove troppo spesso l’apparenza domina, Marco Papini ci invita a guardare più in
profondità, a riscoprire la bellezza del processo emotivo e psicologico che si cela dietro ogni volto. La sua arte non è solo un atto estetico, ma una dichiarazione di autenticità e di ricerca, in cui il colore, la forma e la composizione diventano linguaggi che parlano di noi, delle nostre emozioni e della nostra esistenza.
In conclusione, “I AM – A Deep Exploration of the Artist’s Essence” rappresenta non solo un viaggio nell’universo di Marco Papini, ma un invito a riflettere sull’essenza stessa dell’arte e sulla capacità che essa ha di connetterci con l’invisibile, con l’emozionale, con il profondo.
Papini riesce a trasmettere, attraverso il suo lavoro, una potente riflessione sull’individuo e sul suo rapporto con il mondo, rendendo ogni suo ritratto un atto di esplorazione che, pur
appartenendo a un altro, riesce a parlare di ciascuno di noi.
Claudia Arch Mantelli.

Recensione Critica sull’Artista Sergio Guerrini e le sue Opere d’Arte esposte alla Mostra “I AM – A Deep Exploration of the Artist’s Essence“

Recensione Critica –
Sergio Guerrini- Evento “ I AM – A DEEP EXPLORATION OF THE ARTIST’S ESSENCE” creato
e curato da Claudia Mantelli.
Le Opere dell’Artista Sergio Guerrini non sono semplicemente fotografie: sono racconti visivi di mondi lontani, ma incredibilmente vicini nell’emozione che suscitano. Con uno stile inconfondibile, Guerrini si immerge nelle culture più diverse, cercando non solo di documentare
la realtà, ma di catturare l’essenza dell’essere umano, con tutto il suo coraggio, la sua miseria e la sua dignità.
Le immagini in bianco e nero, con il loro forte contrasto e la potenza del messaggio che
trasmettono, sono uno strumento perfetto per l’artista per raccontare la realtà spesso
dimenticata di paesi lontani. La foto di una bambina birmania, sorridente ma celata dietro un filo spinato, è un emblema di speranza e sofferenza che si intrecciano in un contrasto inaspettato.
La bambina, pur vivendo in condizioni difficili, regala al mondo una dolcezza che, per quanto breve e fragile, risalta come una luce nell’oscurità. È la testimonianza della capacità dell’essere umano di mantenere una forma di resistenza anche nelle situazioni più dure, ma è anche la denuncia della disuguaglianza e della sofferenza di milioni di bambini, invisibili agli occhi della società mondiale.
Allo stesso modo, l’immagine dei giocatori di carte al Cairo ci racconta una scena di quotidianità, ma anche di lotta e resistenza. Gli uomini, raccolti attorno a un tavolo, immersi in
una conversazione silenziosa e intensa, sembrano sfuggire alla miseria che li circonda,
trovando un piccolo momento di evasione in una partita. Eppure, l’espressione di uno di loro, lo
sguardo intenso e pensieroso, rivela una verità che va oltre il gioco: una realtà di difficoltà, di
sforzi quotidiani che sembrano non portare mai a nulla, se non a un’accettazione passiva della
povertà.
In India, la figura solitaria di una donna seduta in mezzo al suo mercato, circondata da oggetti di uso quotidiano, diventa simbolo di una vita che sembra scorrere a ritmo lento e inesorabile.
Guerrini non si limita a raccontare la povertà, ma indaga nel profondo delle sue cause, svelando non solo il contesto sociale, ma anche il lato umano della sofferenza. La solitudine, ma anche la forza della donna, è palpabile in questa fotografia, dove ogni dettaglio contribuisce a
trasmettere una realtà complessa, fatta di sacrifici e speranza, di vita che si svolge
nell’indifferenza, ma con dignità.
Ciò che unisce queste opere, oltre alla tecnica impeccabile e alla scelta precisa del bianco e
nero, è il senso di denuncia sociale che le permea. Guerrini ci obbliga a guardare in faccia le
ingiustizie, a confrontarci con le disuguaglianze che, troppo spesso, scegliamo di ignorare. Ma c’è anche una bellezza dolce e struggente nelle sue immagini, una bellezza che risiede nel
sorriso di una bambina, nello scambio silenzioso di una partita a carte, nel coraggio di una donna che continua a vivere con dignità nonostante le circostanze.
La fotografia di Guerrini è un invito a riflettere, a non restare indifferenti, ma anche a
emozionarsi, a scoprire come, dietro ogni volto, ogni gesto, ci sia una storia che merita di
essere raccontata. Le sue opere sono una chiamata all’azione, un richiamo alla responsabilità
sociale, che va oltre l’arte, e diventa un messaggio di umanità condivisa. In questo senso, Sergio Guerrini, con il suo sguardo attento e sensibile, può essere accostato a maestri come Sebastião Salgado, che, come lui, usano la fotografia come strumento di denuncia e di
consapevolezza sociale. La sua capacità di evocare emozioni forti e di stimolare una riflessione profonda rende il suo lavoro non solo una testimonianza, ma un’opera di grande valore artistico e umano.
Claudia Mantelli

“I AM!A Deep Exploration of the Artist’s Essence”

PRESENTAZIONE DELL’EVENTO

PRESENTAZIONE dell’Evento “I AM-A Deep Exploration of the Artist’s Essence-Mostra d’Arte contemporanea
L’Essenza dell’arte si presenta come un concetto complesso e multiforme, capace di assumere significati molteplici a seconda del punto di vista da cui la si osserva. Al cuore di questa essenza si colloca innanzitutto l’espressione: l’arte si manifesta come un linguaggio universale attraverso cui l’individuo comunica pensieri, emozioni ed esperienze che spesso sfuggono alle parole, trascendendo i limiti del linguaggio convenzionale. È proprio in questa capacità comunicativa che risiede il suo potere più autentico, quello di parlare direttamente all’anima, evocando sensazioni profonde e intime.
Ma l’arte non è solo espressione: è la creatività che le conferisce vita e identità. L’artista diventa così un alchimista della forma e del contenuto, un demiurgo capace di trasformare l’immaginazione in realtà tangibile. Che si tratti delle arti visive, della musica, della letteratura o della performance, ogni gesto creativo è un atto di coraggio e innovazione, un viaggio in territori inesplorati della mente e del cuore. Questa energia creativa, vibrante e in continua evoluzione, dà origine a opere che sfidano il tempo e le convenzioni, aprendo nuove strade di senso.
L’esperienza estetica è un altro aspetto fondamentale: l’arte si rivolge ai sensi e alle emozioni, instaurando un dialogo diretto con lo spettatore. È in questa relazione che si crea un ponte intangibile, capace di coinvolgere chi osserva in una riflessione profonda e in un’introspezione che trascende la mera percezione visiva. L’opera diventa così un luogo di incontro, un momento sospeso in cui il tempo si dilata e l’esperienza personale si intreccia con quella universale.
Inoltre, l’arte si presenta come un riflesso fedele della cultura e della società da cui origina. Essa incarna contesti storici, valori collettivi e questioni sociali, offrendo un’occasione di confronto con le dinamiche di tempi e luoghi diversi. Attraverso le sue molteplici forme, l’arte diviene quindi un archivio vivo di memorie e narrazioni che invita a una comprensione più profonda del mondo e di noi stessi.
La natura interpretativa dell’arte rende poi ogni incontro con l’opera un’esperienza unica e soggettiva. Nessun significato è mai definitivo o univoco: ogni osservatore porta con sé il proprio vissuto, le proprie emozioni, creando un dialogo continuo e aperto. Questa pluralità di letture è ciò che rende l’arte viva, stimolando il pensiero e alimentando una discussione sempre nuova e fertile.
Infine, l’arte possiede un potere trasformativo che trascende il mero atto creativo: essa è capace di cambiare l’individuo e la società, di ispirare metamorfosi interiori e collettive, di sfidare le percezioni consolidate e di aprire nuove prospettive. In questa sua funzione, l’arte diventa una forza vitale imprescindibile, un motore di cambiamento e riflessione continua.
In sintesi, l’essenza dell’arte risiede nella sua capacità unica di esprimere, creare e comunicare, configurandosi come uno specchio attraverso il quale si riflette la condizione umana, in tutte le sue sfaccettature, e come un ponte che connette mondi, tempi e anime diverse in un dialogo infinito.

Claudia Mantelli